Bustreng

Il bustrengo

Qui entriamo a piene mani nella giungla dei sapori, nella mescolanza di dialetti che popolano la Romagna, la parte settentrionale della provincia di Pesaro, l’intero Montefeltro. Ci si perde immediatamente appena si gira l’angolo. Quello che un metro più in là era bustrengo, qui diventa qualcos’altro. E quello che non ci aspetteremmo mai si fa bustrengo. Così mentre attendiamo di poter mangiare il goloso dolce a base di pangrattato e uvetta dalla dolce consistenza del semolino, arriva in tavola una torta di riso al formaggio. Già, è bustrengo lo stesso. Dolce o non dolce, affonda le radici nella tradizione collinare del territorio e le dirama a tal punto, queste radici, da diventare, nel progredire del tempo, una serie infinita di preparazioni dolci e salate nelle quali , comunque, finiva sempre quel che c’era nella dispensa di casa. Dolce o salato, poi, rimane comunque una torta, una preparazione casalinga e contadina. Da questo labirinto si esce ritrovando il filo conduttore degli ultimi cinquant’anni di vita di quello che oggi si può considerare il più tipico e affascinante dolce dell’entroterra: il recupero del pane raffermo per trasformarlo in delizia per il palato con la semplice aggiunta di noci, mandorle, uva , a volte mele, riso, farina di polenta oppure di castagne. Questo nella maggior parte del territorio. Solo in poche zone è rimasta viva l’altra tradizione, quella del bustrengo, salato, odoroso di formaggio da mangiare come piatto unico. Nella poca ristorazione che tiene viva la memoria dei sapori del territorio si trova solo la versione dolce, peraltro di una bontà arcaica, che continua a determinarne il successo. Raro, invece, è trovarlo nel circuito della pasticceria, a parte il Piccolo Forno Marziali di Saludecio, in Valconca, che ha fatto, nelle due versioni, dolce e salata, uno dei suoi cavalli di battaglia. Sono abbastanza compatti, da forno, i bustrenghi di Daniele Marziali, mentre quelli di casa, grazie anche alla preziosa aggiunta del bicarbonato nell’impasto, hanno una consistenza simile a quella del semolino, il che li rende ancora più particolari.

Michele Marziani – Piero Meldini – LA CUCINA RIMINESE TRA TERRA E MARE – Panozzo Editore 2005

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