La via Popilia era un’antica strada romana che dalla colonia romana di Ariminum (Rimini) conduceva alla città di Aquileia, passando per Ravenna, Adria e Altino.
L’attribuzione è accertata per l’iscrizione riportata su un miliario di Adria, ad 81 miglia da Ariminum
“Nel 132-131 a.C. fu tracciata da Rimini ad Adria la direttissima litoranea, con un sistema viario integrato di terra e d’acqua da Ravenna verso settentrione:nonostante l’avanzamento della linea di costa, la via Romea ne ricalca la concezione di percorso e lungo essa è posto il monastero di S.Maria di Pomposa, nel cuore del delta medievale.” [1]
In epoca post-antica continuò ad essere utilizzata nell’ambito dell’esarcato bizantino con capitale a Ravenna, e mutò il nome in “via Romea”. “Un’altra via Romea percorreva l’estremo lembo orientale costiero della Padania, quella che da Rimini , dove terminava la Flaminia, giungeva a Ravenna restando sul cordone dunoso litoraneo e toccando Cervia e le sue importanti saline.
Benché avesse perso molto dell’importanza che aveva in età romana la via Popilia, di cui erede, la Romea permetteva alla capitale dell’Esarcato, Ravenna, le comunicazioni con il Veneto e Venezia attraverso Comacchio e Pomposa da una parte e con Ancona e Roma attraverso la Flaminia e i suoi diverticoli dall’altra. Il proseguimento verso sud della Romea era costituito dalla via costiera che, nonostante l’impaludamento del litorale, serviva ancora come collegamento verso il Sud adriatico, con i porti d’imbarco verso la Palestina e con i centri di devozione e di pellegrinaggio (…)”.[2]
Dal secolo XVI le condizioni paiono ulteriormente cronicizzarsi: “Peggiore è la situazione della parte nord-orientale della pianura, dove Ravenna, isolata al grande traffico, trascura il percorso costiero e tende ad agganciarsi alla via Emilia, di fatto percorso portante della linea adriatica delle comunicazioni. L’antica via Popilia, strada “romea” dei pellegrini provenienti dall’Europa nord-orientale, cade progressivamente in disuso. Nell’età moderna i pochi viaggiatori che la percorrono e i documenti che ne parlano, descrivono un paesaggio aspro, desolato, fra paludi e fitte pinete, un tracciato che alle volte si perde fra i campi e la sabbia del litorale. (…) Alla fine del Seicento la “via romea” cade in disuso come strada postale e le stazioni sono definitivamente chiuse nel 1815”.[3]
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