Nel Medioevo le acque sono una componente forte del paesaggio. I livelli di piovosità, il pressoché nullo sfruttamento delle falde superficiali, la presenza residua del manto boschivo, contribuiscono a determinare un regime idraulico caratterizzato da specchi lacustri o palustri abbastanza diffusi e corsi d’acque con portata abbondante e piuttosto continua. Sono elementi riscontrabili lungo tutta la fascia pianeggiante, e quindi anche a San Mauro.
Ma qui vi è qualcosa di più: nella zona della bassa pianura costiera, ove le pendenze sono molto ridotte e il deflusso fluviale si presenta difficile, il ristagno determina una particolare concentrazione di acquitrini, mentre i vari fossi e torrentelli che l’intersecano, vengono a trovarsi in un ricorrente stato di saturazione. Se alla naturale predisposizione all’impaludamento, si aggiunge il totale abbandono della regimazione idraulica realizzata in età romana, oltre al dissesto idrogeologico intervenuto nei secoli dell’alto Medioevo, il risultato è facilmente immaginabile. Nella sostanza, questa può definirsi una vera e propria “area umida” che, assieme al continuo territorio di Bellaria, costituisce l’estrema propaggine della fascia valliva rivierasca, un tempo estesa dal delta del Po alla bassa Romagna (…).
Accanto alle ovvie menzioni del Fiumicello, del RioSalto e dell’Uso nel corso del XV secolo è presente una toponomastica fondiaria che testimonia l’estrema precarietà dell’assetto idraulico locale; nella corte di San Mauro è nominato più volte il fondo Rivi Veteris; nella curia di Giovedìa compare a sua volta il fondo Uxis Sicchi o Luxi Sechi. Sono tracce inequivocabili di modificazioni degli assetti fluviali, dovute con tutta evidenza a problemi di decorso. In territorio di San Mauro è presente inoltre il fondo Fovee, attestante uno scolo che confluisce nel Rio Salto; mentre un’altra fossa separa, a valle, il territorio di Giovedìa da quello di Bellaria. Questo canale scorre nei pressi della cosiddetta Via Nova, un tracciato carrabile legato verosimilmente a lavori di sistemazione idraulica. Ulteriori tracce della ricchezza d’acque che contraddistingue l’area di San Mauro nel tardo Medioevo, possono riscontrarsi nella presenza del fondo Fontanelle o Fontanellarum, poco distante dall’Uso; un’altra fonte è specificatamente documentata in una possessione del fondo Giovedìe; l’attestazione di suoli limacciosi ci viene, poi, dai fondi Limate e Vigne Limate (…)
Esiste anche una lunga serie di atti che testimoniano la capillare diffusione delle “pantiere”. Queste, nella sostanza, sono piccoli stagni, guazzi, specchi d’acqua (attrezzati con reti e recinzioni) per la cattura delle anitre selvatiche; in via subordinata servono pure all’allevamento del pesce d’acqua dolce. La loro esistenza presuppone avvallamento del terreno e notevoli quantità di acque, presenti in forma spontanea oppure facilmente conducibili da un fosso o canale vicino.